Joachim Feldes

Das Phänomenologenheim

Der Bergzaberner Kreis im Kontext
der frühen phänomenologischen Bewegung

AD FONTES
STUDIEN ZUR FRÜHEN PHÄNOMENOLOGIE Band 1

Rezension


È difficile fare di un nome una categoria storiografica autonoma che permetta non tanto e non solo di identificare e perimetrare i fatti storici che vengono studiati quanto soprattutto di favorirne la comprensione. E infatti, occorre dirlo subito, Joachim Feldes non vi riesce. Ad avviso di chi scrive almeno, e le seguenti considerazioni vorrebbero portare alcuni argomenti a favore di questa opinione.

Docente di Filosofia della religione, Dogmatica e Teologia anglicana presso il St. Benedikt Seminar, il Seminario della Chiesa anglicana in Germania, Feldes espone con il suo Das Phänomenologenheim i risultati di una lunga ricerca animata dall'ipotesi che tra i primissimi fenomenologi contrari alla svolta idealistica e trascendentalistica di Husserl, non vadano annoverati solo coloro che appartennero ai circoli di Monaco e Gottinga (come invece per Herbert Spiegelberg, The Phenomenological Movement: An Historical Introduction, vol. I, Nijhoff, Den Haag 1960, pp. 168 sgg. e 220 sgg.), ma anche un ristretto gruppo nato sì dalle ceneri della Philosophische Gesellschaft Göttingen (cioè, proprio il circolo fenomenologico di Gottinga), eppure dotato di tratti caratteristici sufficientemente originali e uniformi da meritare un nome che lo contraddistingua: Bergzaberner Kreis. Sette effettivamente furono i fenomenologi legati in un modo o nell'altro a Bergzabern (oggi Bad- Bergzabern, una cittadina del Land della Renania-Palatinato): Theodor Conrad, Hedwig Conrad-Martius, Jean Hering, Alexandre Koyré, Hans Lipps, Edith Stein, Alfred von Sybel. Tutti si conobbero a Gottinga, ma cinque furono allievi diretti di Adolf Reinach - il più eminente rappresentante del realismo di marca fenomenologica -, mentre gli altri due, Conrad e von Sybel, suoi coetanei, ne condividevano in toto lo spirito e le idee. A Bergzabern Theodor Conrad possedeva un'abitazione dove si stabilì nel 1912, dopo aver sposato Hedwig Martius, per rimanervi fino al 1937 quando la coppia si trasferì a Monaco (p. 245). Ora Feldes non intende solo mostrare che e come questa casa sia diventata nel corso degli anni quello che Edith Stein chiama Phänomenologenheim (pp. 116 sgg.), cioè un punto di riferimento stabile per i cinque colleghi e amici dei Conrad. La proposta di Feldes consiste molto più nel legittimare l'idea che la casa di Bergzabern sia divenuta il laboratorio di un contributo filosofico originale e collettivo ulteriore a quello di aver aderito a un'idea realista della fenomenologia o a quello di aver riflettuto sulla possibilità del realismo fenomenologico. Un contributo, s'intende, che non avrebbero dato altri fenomenologi pure appartenenti al circolo gottinghese e a giusto titolo definiti realisti (per nominare i più noti: Roman Ingarden e Dietrich von Hildebrand). Feldes ritiene insomma che si debba riconoscere a questi fenomenologi e alla loro frequentazione lungo gli anni Venti e Trenta del novecento un peso specifico dalle importanti ricadute per la storia della fenomenologia e del pensiero in generale: qualcosa che insomma andrebbe oltre l'idea che il gruppo fosse "stabile" e riconoscesse in Bergzabern il luogo per i suoi incontri collettivi (p. 285); che concretizzasse l'idea husserliana della "scienza come cosa della comunità" (ibid.); che riconoscesse, cionondimeno, in Reinach una "figura guida personale, filosofica, religiosa" (ibid.).

Questo almeno è quanto ci si aspetterebbe nel momento in cui si avanza la pretesa che "il circolo di Bergzabern nel contesto del primo movimento fenomenologico" sia "più che un circolo di amici che avevano studiato con Husserl [e con Reinach] a Gottinga" (p. 284). Del resto, se un nome non accresce la perspicuità con cui si legge e intende un fatto storico (in questo caso ulteriormente arricchito da espliciti motivi filosofici) non si comprende che ragione vi sia per introdurre una nuova categoria storiografica. Una categoria, per di più, che vorrebbe individuare all'interno del variegato panorama realista della fenomenologia una specifica posizione teorica. Feldes sostiene di poter valutare "il significato del circolo sotto il profilo personale e filosofico", "religioso" e "politico" operando "rilettura della storia dei Bergzaberner" (p. 284) contraria al giudizio di Spiegelberg (The Phenomenological Movement, cit.) e di Avé-Lallemant (nella terza edizione riveduta e ampliata di H. Spiegelberg, The Phenomenological Movement, vol. I, Kluwer, Dordrecht 1982, p. 213) che avevano "squalificato" l'impatto del circolo ritenendolo - scrive Feldes - "irrilevante" (p. 284).

Ma l'impressione generale che si ha è che proprio Spiegelberg e Avé-Lallemant avessero ragione: i due studiosi non squalificano infatti il contributo filosofico e fenomenologico dei singoli appartenenti al Bergzaberner Kreis, semplicemente non conferirono alcun peso filosofico a quest'ultimo. Et pour cause, verrebbe da dire: i tre capitoli centrali di Das Phänomenologenheim, in cui Feldes ricostruisce con grande padronanza delle fonti le vite dei sette fenomenologi tra le due guerre, ovvero quello che dovrebbe essere il periodo di massima "attività" del Bergzaberner Kreis, sembrano essere la diretta conferma dello scarso peso avuto dal circolo proprio nelle opzioni filosofiche di fondo dei suoi componenti che non mostrano alcuna compattezza di pensiero né, per certi versi, di interessi. Certo è difficile negare una qualche convergenza verso le problematiche teologiche e lato sensu religiose, ma si tratta comunque dell'interesse di alcuni (Conrad-Martius, Hering, Stein, von Sybel) e non di tutto il gruppo. Ciò che piuttosto sembra unire i sette amici è la stima per Husserl, la reverenza per Reinach e il sospetto nei confronti di Heidegger, il quale per Edith Stein "allontana gli studenti" dal fondatore della fenomenologia (p. 115); il desiderio di riabbracciarsi e di poter nuovamente discutere di filosofia come ai tempi di Gottinga (cosa peraltro difficile: i sette riusciranno a incontrarsi tutti insieme solo cinque volte, tutte tra il 1922 e il 1927); le confidenze relative alle difficoltà, ai progetti, alle speranze nutrite da ciascuno - da cui le molte pagine dedicate alla conversione di Stein e di Conrad- Martius, all'adesione di Von Sybel all'antroposofia di Steiner e al nazismo, o ancora all'esperienza politica e accademica di Lipps.

Assente qui è proprio un legame ulteriore a quello affettivo e di reciproca stima. In particolare si avverte con forza la mancanza di una cifra fenomenologica specifica che permetta di parlare di una linea comune ai sette e tale da specificare ulteriormente il senso della fenomenologia (realista). Ebbene, non solo ciò non avviene, ma addirittura alcuni di loro rivedono radicalmente la prospettiva filosofica degli anni gottinghesi fino ad abbandonarla in parte (Lipps, dichiarando il proprio debito con l'analitica esistenziale di Heidegger; p. 176 sg.) o del tutto (Von Sybel, aderendo alle dottrine steineriane; p. 136). Può darsi che ciò sia dovuto alla scelta dell'autore: le opere filosofiche pubblicate dai sette non vengono mai commentate né collazionate al fine di mostrare somiglianze, coincidenze lessicali, identità di scopi, reciproche citazioni e via dicendo, ma semplicemente menzionate in corrispondenza della data di pubblicazione oppure all'interno delle lettere richiamate nel saggio. In tal caso, però, si tratta di una scelta esiziale che pregiudica l'esito stesso della ricerca: con l'ovvia eccezione degli anni gottinghesi, l'impressione è che i Bergzaberner non abbiano perseguito in alcun modo obiettivi filosofici comuni e nemmeno condiviso un percorso filosofico simile.

Insomma, non v'è ragione di parlare di Bergzaberner Kreis, quando si può tranquillamente parlare di circolo di Gottinga o di fenomenologi realisti o, come Hedwig Conrad-Martius, di "fenomenologia ontologica" (Schriften zur Philosophie, vol. III, a cura di H. Avé-Lallemant, Kösel Verlag, München 1965, p. 393).

A fronte di tutto ciò è comunque necessario riconoscere i meriti della ricerca di Joachim Feldes. Il saggio che lo studioso presenta al lettore arricchisce non di poco il quadro degli studi sul movimento fenomenologico. Se non riesce a convincere l'idea che abbia senso parlare di un Bergzaberner Kreis in termini di categoria storiografica, si può invece agevolmente riscontrare la forza filosofica della fenomenologia, la sua vastità di applicazione e l'impossibilità di ridurre a un minimo comune denominatore - che non sia forse il richiamo a un metodo o a una postura di fondo come può essere quella realista - i suoi esiti filosofici. Inoltre Das Phänomenologenheim presenta forse il primo profilo biobibliografico di Alfred von Sybel, noto soprattutto per aver composto il Phänomenologenlied, ovvero il "testo programmatico" (così Feldes, p. 38) dei giovani fenomenologi di Gottinga. Infine, si tratta di una ricostruzione ragionata della biografia intellettuale di alcuni degli esponenti più illustri della fenomenologia. Il che, quando non scade nel pettegolezzo, è di per sé un valore.

Marco Tedeschini
Università degli Studi di Roma "Tor Vergata"


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