Hans-Christian Günther

Das Politische und die Dichtung

Studia Classica et Mediaevalia, Band 16/1+2

Band 1: Die klassische Antike / Band 2: Die Neuzeit

Rezension


I due volumi di Hans-Christian Günther, "Das Politische und die Dichtung", propongono un percorso di riflessione sul rapporto tra poesia e politica, intriso di riferimenti e discussioni che vedono l'incontro di vari saperi e metodi, lungo un arco di tempo che corre dall' età greca fino al XX secolo. Il primo volume, "Die klassische Antike", contiene, dopo un quadro introduttivo che propone una riflessione tematica ("Der Rahmen: Der Mensch zwischen Dasein und Mitsein; Der Ort des Menschen im griechischen vs. konfuzianischen Denken"), una parte dedicata alla Grecia antica in cui l'A. discute il rapporto tra autori greci e filosofi contemporanei (Heidegger e Parmenides; Heidegger e Sofocle; Simone Weil e Sofocle), ed una parte romana in cui analizza la relazione tra poesia e politica in età augustea. Il secondo volume dell' opera, dedicato all' età contemporanea, "Die Neuzeit", copre un segmento cronologico che va dal Romanticismo al Novecento, soffermandosi sull' esperienza poetica di alcuni significativi poeti europei attivi nei secoli XIX e XX, oppositori o collaboratori (volontariamente o no) di poteri e regimi, da Andreas Kalvos e Dionysios Salomos a Nikoloz Baratshvili, da Konstantinos Kavafis al premio Nobel Giorgos Seferis; e ancora Gabriele D'Annunzio, Stefan George e Johannes R. Becher, fino alla poesia dopo Auschwitz e a Mao Zedong. Si tratta sia di saggi già pubblicati o presentati a Congressi dall'A, e qui riproposti (e .g. "Heidegger und Sophokles: Der Dichter und die Polis, Kunstwerk und Machenschaft", già 2006), in qualche caso arricchiti di parti inedite (e.g. "Die Dichtung des griechischen Freiheitskampfes: Andreas Kalvos und Dyonisios Solomos"), sia di lavori di sintesi di una serie di lavori precedenti (e .g. "Die politische Dichtung des Horaz").

L'autore segue il rapporto tra poesia e politica e ne svela la relazione: di intreccio, contrapposizione, convergenza, distanza; incrocia fenomeni e dinamiche; interseca coscienze e poteri; arte e propaganda; ideologie e idee; libertà e costrizioni; forzature e strumentalizzazioni. Ne emerge un quadro di insieme coerente in cui i singoli saggi contribuiscono a creare un percorso unitario sul tema del rapporto tra artista e potere; libertà dell' arte e funzione della stessa.

È l'età augustea che, per gli interessi e le competenze di chi scrive, sarà oggetto di queste pagine. In questa sezione l' A. cala nel periodo in esame la visione generale che informa tutti i saggi dei due volumi: un' idea di eternità della storia, in cui ogni momento (passato o presente che sia) è contemporaneo a chi legge. Nel saggio "Der Politiker Augustus heute", 207-241 (già proposto dall'A. in occasione del convegno celebrato in occasione del bimillenario augusteo, "Augustus und Rom: 2000 Jahre danach Studia Classica et Mediaevalia 9"), Günther, tra storia e filosofia della storia, si muove intorno alla tesi dell' attualità di Augusto e più in generale di Roma antica, che individua quale paradigma della storia dell' Europa moderna; egli si sofferma in questo saggio sulla lettura politica dell'età tardorepubblicana ed augustea di Ronald Syme, che scriveva mentre il fantasma del fascismo incombeva sull' Europa e la guerra mondiale era alle porte ("The Roman Revolution", Oxford 1939). È il Syme politico, quello evocato da Günther, il Syme che legge l' età contemporanea attraverso il filtro della storia di Roma. Augusto emerge dalle pagine di questo saggio di Günther straordinariamente attuale, fautore della forma imperiale, costruttore di un sistema destinato ad una longevità di cinquecento anni. Questo contributo, che inserisce il lettore nella età augustea, è seguito da studi specifici dedicati ai poeti di questa fase, Virgilio ("Vergils Deutung des Politischen", 243-262), Orazio ("Die politische Dichtung des Horaz", pp 263-444) e Properzio ("Properz und der Prinzipat", 445-480). Si tratta di tre lunghi saggi in cui convergono lavori dell'A pubblicati tra il 2011 e il 2016. All' interno dei saggi, è presente un costante riferimento anche a Tibullo, evocato tra analogie e differenze nel suo rapporto con Properzio, gli altri poeti di quest' epoca e il clima politico-culturale del periodo. L' A discute ampiamente in queste pagine il rapporto tra poesia e funzione poetica, biografia e funzione biografica, muovendosi da un lavoro all'altro come se si trattasse di un'unica narrazione capace di contenere plurimi piani di analisi. Il centro dell'argomentazione è l'indipendenza o la soggezione del poeta rispetto al potere e alle sue politiche culturali. La prospettiva, com' è comprensibile, si allarga ad una lettura del contesto politico, dei suoi meccanismi e dei suoi caratteri, alludendo alla natura dell' impianto politico augusteo e ai suoi processi di elaborazione ideologica e di produzione della immagine, alle modalità con cui furono gestite le linee culturali e il rapporto con gli intellettuali. Si tratta, beninteso, di questloni generali, valide per tutti i regimi e tutte le forme di affermazione e consolidamento dei poteri. Nel confronto tra fasi e regimi, avrebbe certo meritato un maggiore spazio la riflessione sull'idea di regime applicata al Principato augusteo, dato che l'A. propone parallelismi e confronti.

È evidente che l'ipotesi di lavoro di Günther si inserisce nella riflessione sulla costruzione dei meccanismi della percezione del potere, della sua ricezione pubblica e quindi della costruzione del consenso rispetto all'immagine trasmessa, decisiva per Augusto che dichiarava di porre le fondamenta del suo ruolo all'interno della "res publica nell' auctoritas", l' autorevolezza, cioè il riconoscimento pubblico della sua posizione di preminenza. La propaganda augustea, va ricordato, è affidata ad un' accorta operazione di riscrittura ideologica della storia di Roma, nella quale il passato della città, rappresentato come età della perfezione poi perduta, è recuperato. Un' operazione pervasiva, che investe ogni ambito dell' azione del Principe, qualificata appunto come risarcimento dovuto al passato, ora recuperato in prospettiva futura. Questo disegno non è esornativo ma strutturale per Augusto, perché utile al consolidamento della sua posizione, tutt' altro che assodata: egli è l'"auctor", colui il quale ha rifondato la città, rimesso in piedi la "res publica", come risulta dai motivi ricorrenti della sua campagna di immagine. La propaganda, quindi, non può che essere capillare, minuziosa, efficace, ebbene, la produzione culturale di questa fase sembra orientarne e sostenerne i presupposti. È lecito, dunque, tornare ad interrogarsi sulle ragioni della collaborazione tra intellettuali e potere. I lavori di Günther offrono un felice contributo a questo tema di indagine. L'A sviluppa un' analisi articolata, concentrata sulle specificità dei singoli autori - la loro biografia, gli anni in cui si mossero, la poetica alla quale aderirono -‚ sempre condotta attraverso il confronto con i testi, battuti a palmo a palmo; vero è che talvolta lo sviluppo del lavoro riesce complesso al lettore, anche a causa della molteplicità e della riechezza delle prospettive che vi convergono e vi si sovrappongono in un gioco di metafore e similitudini, di contrapposizioni e analogie: dalla filologia alla letteratura, dalla storia in tutte le sue forme, alla filosofia, sino alla musica. Tuttavia, sebbene l'A. paia talvolta abbandonare il lettore lungo sentieri intricati (in cui è naturale, a tratti, smarrirsi), emergono nello sviluppo dei saggi punti di raccordo in cui le informazioni trovano ordine e valore e si offrono efficaci visioni di sintesi.

Questo intenso travaglio dell'A. conduce infine per l'età augustea ad una risposta coerente, di cui coglie la straordinaria eccezionalità rispetto ad altre epoche e ad altri poteri: Mecenate e, quindi, Augusto sono interessati ad attrarre nella propria cerchia poeti di talento, qualunque fosse il loro passato politico (si pensi ad Orazio), lasciando loro la libertà di associare politica e poesia, secondo le vie più congeniali a ciascuno. È evidente che la risposta dei poeti sarà quindi diversificata in ragione dei processi di elaborazione personale. Si parta da Virgilio e Orazio, entrambi, ciascuno con le sue specificità, poeti nazionali; i due poeti, figli della stessa storia di Augusto e Mecenate, avevano vissuto le guerre civili, sperimentato la disgregazione di un equilibrio non solo politico, ma anche instituzionale; assistito alla frantumazione dell'ordine sociale. La riscrittura augustea della "res publica" rappresentava per loro, probabilmente, l'occasione per il recupero dell' ordine, della forma stessa della "res publica", di quei valori e quegli "exempla" della romanità in cui essi credevano e che erano andati in disuso (per adoperare il lessico augusteo di "res gestae" 8) nella lunga notte della crisi del I secolo. È verosimile che Augusto, prodotto del loro stesso tempo, ne condividesse le istanze: il suo recupero del passato repubblicano rappresentava per certi versi una "sincera" soluzione politica, certo poi riempita di forme e contenuti nuovi. Orazio e Virgilio, secondo i modi propri a ciascuno, danno quindi convintamente e genuinamente voce agli ideali augustei che sono quelli della tradizione repubblicana (Orazio), all'interno di una prospettiva di ricostruzione dell' ordine e della coerenza politica dell' Impero, anche quando questo compromesso avrebbe comportato rinunce sofferte (cosi Virgilio e il suo eroe della rinuncia, Enea).

Properzio e Tibullo, come l'A. sottolinea, appartengono invece ad una generazione successiva, sono nati in una fase in cui poco o nulla si conservava del vecchio ordine: la Repubblica tradizionale, in fondo, era finita nel 49 a.C. Augusto non poteva rappresentare per loro l' ipotesi di un recupero del passato prossimo repubblicano come era per coloro (Orazio e Virgilio) che avevano conosciuto quel passato, sebbene attraverso il tormento dell'età della crisi.

Nel saggio su Properzio, Günther mette a frutto l'innovativa lettura dell'esperienza poetica e politica properziana già avviata nei suoi studi precedenti: l'A.‚ pur salvandone il carattere di indipendenza, ne ribalta infatti la lettura ormai corrente di un suo atteggiamento antiaugusteo. Nel primo libro, nel riferimento al "bellum Perusinum", egli ritiene che Properzio, contrariamente a quanto si considera generalmente, abbia un atteggiamento di neutralità rispetto ad Ottaviano, "nimmt keine Partei"; la sua adesione all'entourage di Augusto non sembra compromettere la sua !ibertà di poeta: si spiegherebbe cosi, nel libro III, la sua rinuncia a dedicarsi al poema epico, senza temere ripercussioni. Questa via conduce al libro IV che rappresenta la "Properzens Antwort auf die Herausforderung, die politisch-nationale Thematik in seine persönliche Dichtung zu integrieren". Il Properzio di Günther compie seriamente questo tentativo che realizza pienamente nella elegia 4.11 in cui Properzio giunge a porre la sua poesia di poeta d' amore al servizio della poesia nazionale. L'A. si a!lontana, quindi, dalle interpretazioni ampiamente condivise che tendono ad affrancare con ogni mezzo Properzio dal sospetto di essersi posto infine al seguito del Principe.

Paolo Fedeli in un saggio recentemente pubblicato negli Atti del Convegno properziano ("Properzio da Assisi a Roma, e ritorno, in Properzio tra Repubblica e Principato", Proceedings of the Twenty-first International Conference on Propertius (Assisi-Cannara, 5 May- 1 June 2016), ed. by G. Bonamente, R. Cristofoli, C. Santini, Assisi, Brepols, 2017, 129-168) ritiene che proprio "contro un tale atteggiamento le pagine migliori sono state scritte da Günther" (159, nt. 48). A questo riguardo si potrà aggiungere che altri elementi sparsi nell' opera di Properzio corroborano questa interpretazione: il libro quarto contiene indizi che mostrano l' adesione e il sostegno del poeta al disegno augusteo, anche in contrasto ad alcuni movimenti di opposizione che si erano venuti creando. Uno dei temi caldi che Ottaviano si trova a fronteggiare all' indomani di Azio è il riordino del Senato, ormai snaturato dalle guerre civili; le operazioni cominciano con la "lectio senatus" indetta nel 29 a.C., la prima dopo quella del 50; seguirà poi la "lectio" del 18 a.C. Proprio mentre Properzio scriveva il suo IV libro le misure augustee suscitavano la dura opposizione di una parte dei senatori, o estromessi dagli scranni della curia o richiamati ad un esercizio composto del loro ufficio. Il malumore crescente sfociava in forme di ostruzionismo e di minaccia alla stabilità del governo del "princeps". Properzio dedica i versi 11-14 dell' elegia incipitaria del libro IV al Senato: ritrae la "curia" romulea: sobria, responsabile, dedita al suo compito, in contrasto con la sfavillante curia Iulia dei suoi giorni. Il senato antico a fronte di quello contemporaneo, dunque, composto da senatori assenteisti, disinteressati, attratti dal lusso. Con questi versi Properzio sembra schierarsi, con i modi che gli sono congeniali (un' operazione analoga in riferimento al Senato ricorre nelle pagine di Cicerone e di Varrone) al fianco di Augusto in questa campagna, in parte osteggiata, di revisione del senato.

Se si considera il rinvio allo spiroto delle "leges" del 18 a.C. "de maritandis ordinibus e de adulteriis coercendis" che può cogliersi nell'ultima Elegia del libro IV, affidata a Cornelia, si potrebbe addirittura arrivare a supporre che il poeta abbia avviato il libro IV con il riferimento ad un decisivo intervento di Augusto in materia di diritto pubblico e lo abbia concluso con un altrettanto importante provvedimento di diritto privato.

Il Properzio di Günther e poi soprattutto di Fedeli è un protagonista attivo della politica culturale augustea. Ma quello di Properzio non è naturalmente un caso isolato; Augusto non costruì da solo il Principato, ma contò su una rete di collaboratori attivi: poeti, storici, ma anche antiquari (da Varrone a Verrio Flacco), giuristi (Ateio Capitone) che contribuirono attivamente e ognuno a proprio modo a!la costruzione ideologica del principato. L'immagine compiuta del Principe e del suo operato fu il risultato di una sorta di laboratorio politico: anche la poesia svolse la sua parte.

Elisabetta Todisco


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